L'uomo di sabbia

Titolo

L'uomo di sabbia. Individualismo e perdita di sé.

Autore Catherine Ternynck
 
Dati 2012, pp. 203, brossura
   
Editore

Vita e Pensiero

 

 

 

Sinossi

 

Il pensiero individualista e libertario che dagli anni Settanta disegna l'uomo come artefice di se stesso, guidato solo dalle proprie scelte e dai propri desideri, si rivela oggi più pericoloso di quanto potevamo immaginare. Conquiste importanti, come la fine dell'autoritarismo, il venir meno della distanza incolmabile tra le generazioni o l'affrancamento delle donne da un destino gregario, hanno finito per scorrere lungo una deriva che, da acquisizioni di civiltà, le ha trasformate in gabbie di solitudine e fragilità. Un nuovo imperativo, sociale ed economico, all'autodeterminazione a tutti i costi si è sostituito alle regole del passato, sulle cui macerie l'individuo si ritrova oggi disorientato e incerto. La sua stessa consistenza è in discussione. Lo testimoniano le nuove ansie e le inedite forme depressive, ben note a psichiatri, psicanalisti, medici generici, e a chiunque stia in ascolto della sofferenza umana. Il suolo umano si è impoverito, si è svuotato del suo humus di relazioni, legami, responsabilità, è divenuto friabile, inconsistente. Su questo terreno incerto l'uomo stesso diventa 'di sabbia'. Una figura inafferrabile e impastata di contraddizioni, ma con un tratto distintivo che si staglia nitido sotto lo sguardo attento di Catherine Ternynck: la sensazione di una stanchezza. È un uomo che fatica a portare la sua vita. Costantemente dubita del tragitto e del senso. Chiede riconoscimento e rassicurazione.

 

Il mio Commento    

 

Impossibile guardarsi intorno senza prendere atto di come l'uomo moderno sia profondamente individualista. Di come rifugga quasi con dispregio ogni occasione di immaginare e costruire un contenitore comune, una vita condivisa che gli sappia restituire il senso di appartenenza ad un mondo più vasto. La crisi della politica e delle istituzioni rappresentative ne sono, forse, l'espressione più manifesta. Eppure, questo uomo coriaceo, fatto di una granitica sostanza individuale, mostra cedimenti che lo rappresentano orfano, fragile, smarrito, in cerca di sé.

 

Di questo condensato di debolezze il saggio della Ternynck restituisce una immagine impietosa, quasi un orfano in cerca di un padre adottivo che non riesce a trovare. Il tagliio del lavoro è mezzo sociologico, mezzo psicanalitico e l'analisi scaturisce dall'esperienza pluridecennale dell'autrice come psicanalista.

 

I "tipi" sono indagati per il loro malessere che si radica in un profondo, a volte disperato, bisogno di comunità. Dalle loro conversazioni con l'autrice emerge una analisi che si estende al sociale, dove scorrono i modelli di un mondo radicalmente diverso dal passato. In questo lungo viaggio fatto di intimità, l'autrice incontra una realtà dove la cura di sé determina strane solitudini, dove il bambino è al tempo stesso incantatore e minaccioso, dove il tempo rischia di implodere ad ogni istante, dove l'autorità stenta ad esercitarsi.

 

 

Qualche frase 

 

"Diventare umani, umanizzarsi, significa lasciarsi attraversare da incessanti correnti. Significa acconsentire ad essere lavorati in profondità da forze miste e contrarie, da linee di faglia in costante mobilità".

 

"Il cielo era troppo basso, il mondo troppo stretto. Sognavamo grandi spazi, una fraternità senza padre, una educazione senza maestro, una terra senza memoria. Saremmo stati artefici delle nostre vite, costruttori, capimastri. Io sono l'uomo di questo disincanto. Mi scopro inquieto. Stanco di dovermi portare. Imparo che il vuoto pesa".

 

"Da tempo guardavo il mondo ingombro. Le borse piene, gli appetiti saziati, le carni e le cose ammucchiate. Sono inquieto. Da ogni parte il mercato guadagna e il deserto cresce. La materia non la finirà più di cadere sullo spirito".

 

 

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